Storia e Territorio
Calimera (Kalimera in griko, “buongiorno”) è un comune italiano di 7.310 abitanti[2] della provincia di Lecce in Puglia.
Sorge nel Salento centrale e dista 16 km dal capoluogo provinciale. Appartiene alla storica regione della Grecìa Salentina, un’isola linguistica di nove comuni in cui si parla un antico idioma di origine greca, il griko.
Territorio
Il territorio del comune di Calimera, posto nella parte centro-orientale del Salento, ha una superficie di 11,14 km² per una densità abitativa di 656 abitanti per chilometro quadrato. La morfologia del territorio è pianeggiante; sorge a 56 m s.l.m. e confina a nord con i comuni di Castri di Lecce e Vernole, a est con i comuni di Melendugno e Carpignano Salentino, a sud con i comuni di Martano e Zollino, a ovest con i comuni di Martignano e Caprarica di Lecce.
• Classificazione sismica: zona 4 (sismicità molto bassa), Ordinanza PCM n. 3274 del 20/03/2003
Clima
Dal punto di vista meteorologico Calimera rientra nel territorio del Salento orientale che presenta un clima mediterraneo, con inverni miti ed estati caldo umide. In base alle medie di riferimento, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta attorno ai +9 °C, mentre quella del mese più caldo, agosto, si aggira sui +24,7 °C. Le precipitazioni, frequenti in autunno ed in inverno, si attestano attorno ai 626 mm di pioggia/anno. La primavera e l’estate sono caratterizzate da lunghi periodi di siccità.
Facendo riferimento alla ventosità, i comuni del Salento orientale sono influenzati fortemente dal vento attraverso correnti fredde di origine balcanica, oppure calde di origine africana. Secondo il proverbio popolare, durante il mese di Maggio il paese è particolarmente sferzato dal vento: sono i “venti di Roca”, perché si dice che si scatenino dopo la festa della Madonna di Roca, il primo sabato di Maggio.[3].
Storia
Le origini del paese sono incerte. Seguendo un criterio cronologico possiamo dedurre, vista la presenza nelle campagne limitrofe del Dolmen Placa e della Specchia dei Mori (Segla u demonìu in griko), che il territorio fu abitato sin dall’Età del Bronzo. Inserita nel sistema viario romano della Via Traiana Calabra che collegava Otranto a Lecce e Brindisi, rappresentò subito un sito adatto a essere popolato. Come per gli altri centri ellenofoni del Salento, il dibattito storiografico lega la sua nascita a una presunta colonizzazione bizantina o a più antiche radici magnogreche.
Probabilmente il primo nucleo del paese nacque nell’area della Masseria San Biagio, dove esisteva un casale. Solo successivamente nacque il nucleo attuale. La primitiva pianta del paese era a “T”, con tre strade e un vicolo abbastanza profondo nella zona dell’attuale piazza. Le vie primitive corrispondono alle attuali vie Costantini, Mayro e Montinari. Il vico era invece chiamato “corte Ospizio”, a causa della presenza di un ospizio di proprietà dei Francescani. Su tutte e tre le strane erano presenti le tradizionali e caratteristiche case a corte. Solo lentamente iniziò la costruzione di nuove strade in quello che era un casale aperto medievale. Vennero realizzate l’attuale via Roma e solo nell’Ottocento venne creata la prima via costruita in maniera diritta, via Umberto I, venendo a mancare le esigenze difensive che avevano obbligato il piccolo centro griko a costruire vie contorte.
Sino e per tutto il XIX secolo il paese era completamente ellenofono, con un’economia limitata alla produzione del carbone e solo successivamente delle patate dolci. Agli inizi del XX secolo, vennero aperte le prime scuole pubbliche, che si tenevano spesso all’interno della casa dell’insegnante. Fu così che le prime famiglie (inizialmente solo quelle nobili) iniziarono ad apprendere l’italiano come seconda lingua. A partire dal secondo dopoguerra, i genitori, nel timore che i bambini non riuscissero ad apprendere l’italiano, iniziarono a non trasmette più alla prole l’idioma greco, passando al dialetto o ad un rudimentale italiano. Con l’avvento della scuola dell’obbligo, a partire dagli anni ’60 nessun bambino imparò più il griko. Attualmente la società calimerese si è completamente omologata linguisticamente a quella italiana. Pochi sono gli appassionati che cercano di riportate la lingua greca all’antico splendore, con risultati anche soddisfacenti: si sta infatti riscoprendo la propria identità grika, con diverse persone che hanno imparato volontariamente il griko. Sono state riprese anche le antiche tradizioni musicali: si è ritornato a cantare la passione in griko durante la Settimana Santa, i gruppi musicali che hanno parte del proprio repertorio in griko si moltiplicano e anche se una resurrezione linguistica sembra ancora lontana, è stato garantito un proseguimento culturale all’antica lingua.
È probabile che l’attuale centro urbano sia sorto nei pressi di un insediamento risalente all’XI secolo, al centro di un’area archeologica che mostra frequentazioni dal II al XV secolo d.C. A testimoniare quanto detto, rimangono le tracce di un insediamento medievale (tombe, fosse frumentarie, grotte, tracciati viarii).
Sino agli inizi del XVII secolo il credo della popolazione era di Rito bizantino, anche se la parrocchia apparteneva alla diocesi di Otranto di rito latino. A seguito dei rigori imposti dal Concilio di Trento, il rito greco iniziò rapidamente a declinare. L’ultimo papas greco di Calimera, Sigismondo o Gismondo de Matteis, venne assassinato da mani ignote e sostituito da un parroco latino, don Troylo Licci. Rapidamente venne abbattuto il tempio greco, sostituito dall’attuale matrice, e l’archivio parrocchiale andò bruciato. Curioso è il fatto che fino a 50 anni fa il parroco veniva ancora chiamato papas o papa. Interessata dalle numerose invasioni dei saraceni e dei Turchi ottomani, la cittadina fu legata alle vicende della vicina Martano, di cui fu “annesso borgo” (frazione), e alle famiglie che la ebbero in feudo. Verso la metà del XVI secolo era di proprietà del marchese Del Monte, passò poi a Don Luigi Trani, al duca Lorenzo Brunossi e al marchese Sebastiano Gadaleta.
Toponomastica
Secondo un’interpretazione controversa il nome Calimera deriverebbe dal greco Καλημέρα (Kalimera), che significa buon giorno o, secondo alcuni studiosi, bella contrada (καλλά μερέα, kallá meréa). Altre ipotesi si rifanno, invece, a una derivazione bizantina del toponimo “cal/gal”, presente anche nelle parole Alliste (originariamente Calliste), Galugnano, Gallipoli seppur con sfumature diverse di significato. Tradizionalmente, i Calimeresi credono però che derivi da un modo di dire degli abitanti di Martano, ipotetici fondatori del paese, che possedevano qui le loro ville:« Pame, pame, ca simmeri ene kalì emera!» – che in italiano significa «Andiamo andiamo (nelle ville), che oggi è una bella giornata!». Da kalì emera sarebbe nato il toponimo Calimera.