Monastero di Santa Chiara
Le vicende di questo monastero sono datate 1545. L’edificio fu voluto da Alfonso Castriota ma l’effettiva apertura dei battenti avvenne per mano di sua nipote Maria, moglie di suo figlio Antonio. Adottando il singolo patrimonio di quelle donne che scelsero la vita claustrale, il Monastero di S. Chiara divenne un istituto che consentì, soprattutto tra Sei e Settecento, il mantenimento degli equilibri economici del paese.
Lo attestano gli innumerevoli prestiti censuali a favore di quanti ebbero bisogno di denaro contante per far fronte alle diverse esigenze della vita quotidiana. Ciò consentì anche un progressivo ampliamento del monastero per mezzo di acquisti e permute di beni immobili patrimoniali.
L’operazione più interessante fu la cessione da parte della famiglia Morelli di un sontuoso palazzo con magnifico belvedere cinquecentesco. I Morelli, infatti, essendo impossibilitati ad estinguere un grosso prestito censuale con le monache, furono costretti a cedere un loro palazzo adiacente al convento.
In epoca settecentesca la dimora fu ampliata ulteriormente ed il suo interno opportunamente decorato con stucchi per volontà di mons. Antonio Sanfelice, vescovo di Nardò. Ciò è documentato da quanto resta dello stemma del presule sul muro della prima rampa del barocco scalone del convento. La ricostruzione seicentesca di tutto il complesso, specialmente della chiesa, ha cancellato le fasi precedenti; pertanto, quello che oggi abbiamo sotto gli occhi è un edificio barocco per altro di scarsa originalità.
Sappiamo che gran parte delle maestranze che attesero a questa ricostruzione non erano copertinesi. Siamo nei decenni conclusivi del ‘600 ed erano scamparsi Donato Chiarello e Ambrogio Martinelli. Sicchè Copertino era divenuto un centro periferico anche per le maestranze che provenivano dall’esterno. La tradizionale impaginazione architettonica della facciata di questa chiesa è la prova evidente. Fu officiata per le monache claustrali le quali vi stettero fino alla soppressione murattiana.
Dal 1826 e fino a pochi decenni orsono, la chiesa fu sede della Confraternita di S. Salvatore e Morti. Nonostante l’assenza di presbiteri che ne esercitino costantemente l’officiatura la chiesa continua a rimanere aperta al culto e la sua manutenzione è affidata alle risorse dell’adiacente chiesa Matrice.