Storia e Territorio
Le notizie che gli storici forniscono sulle origini di Lizzanello non sono molte e sono talvolta contrastanti tra loro. Di esse ci parla Jacopo Ferrari nell Apologia paradossica della città di Lecce’, Giacomo Arditi in ‘Corografia’e Cosimo De Giorgi in ‘La Provincia di Lecce'(vol. 1).
Il Ferrari fa risalire l’origine di Lizzanello alla dominazione normanna in Puglia con gli Altavilla e precisamente al periodo in cui Guglielmo, detto il ‘Malo’per il suo animo malvagio e crudele, fu inviato a Lecce dal padre, il re Ruggero II, che aveva la sua dimora a Palermo, per vendicare la morte dell’altro figlio Ruggero. Roberto, conte di Lecce, fratello di Ruggero II e zio di Guglielmo il Malo, pur avendo fortificato Lecce, non riuscì a salvarla dalla furia delle truppe di Guglielmo il Malo e preferì fuggire con la sua famiglia a Otranto da dove s’imbarcò per la Grecia. Guglielmo il Malo saccheggiò la città e così continua il Ferrari nel libro V dell” Apologia paradossica della città di Lecce’: ‘Lecce, Rugge pur esse fiorirono co’negotj per mare, e con la fertilità, e cultura de’ territori, et in maniera , che atterrata Rugge dal Re Guglielmo il Malo, si partirono tutti per Lecce, e per altre città, e solo invogliati dalla bontà del territorio, si fermarono, e fecero un Casale in Rugge distrutta Huomini ordinarj. Ma trauagliati questi da molte imposizioni, volsero entrare in Lecce, la Città non li volse , e così la Contessa Albitia, per tenerli quieti, diede loro un territorio vicino à Pulsano l’anno 1208, doue in honor della Contessa fondarono Lizzano; e gli altri che rimasero, fondarono vicino a Lecce Lizzanello’.
C’è da aggiungere che la Contessa Albizia o Albitia, con la madre, la regina Sibilla, dalla Francia era venuta a regnare a Lecce per diritto d’eredità appunto intorno all’anno 1208 come si legge nella stessa ‘Apologia paradossica della città di Lecce’: ‘Conciossiechè avendo la plebe di Rugge con le misere reliquie sue dopo la distruzione della loro patria messasi per molti anni ad abitare al suo proprio terreno in alcune vili case, e fattosi col progresso del tempo un buon Casale, o che stato fusse per la gravezza, che pativano, o per lo brutto nome che avevano, essendo nominati i villani di Rugge, che così li nominava l’Imperatrice Costanza al suo privilegio della confermazione della donazione fatta dal Conte Roberto alla Cattedrale Chiesa di Lecce delle decime delle giumente, delle vacche, delle capre, delle pecore, de’ porci, delle galline, de’ frutti, delle vettovaglie, delle olive, e delle vigne del Contado, o per la forte esazione di quelle tante decime, è antica fama, che si fussero levati dal Casale, ed avessero alla Città di LECCE supplicato, che li dovesse ammettere ad abitare dentro le sua mura, che altramente facendo minacciavano di volersi rubellare da lei, ed andare a fare un nuovo Casale, oTerra al territorio di Brindisi; la Città non istimando giusta la loro dimanda, che coloro essendo rustici, coll’essere ammessi ad abitare dentro le sue mura si facevano pari de’suoi Cittadini, e ripugnandolo molto i nobili della stessa disfatta Città di Rugge, i quali aveva Lecce raccolti, e dall’altro canto non volendo dare a coloro occasione di alienarsi da sè quella sua gente, prese questo espediente col mezzo della Contessa sua Albiria, ch’era da Francia venuta in Lecce con la Reina Sibilla sua Madre intorno all’anni 1208, che la maggior parte di loro dovesse andare a fare un Casale al suo territorio, ch’ella aveva vicino alla terra di Pulzano, dove essendo là quei andati, ed incominciato il nuovo Casale volle la Città, che Lizzano si nominasse, e l’altra minor parte andasse a fare il suo ad un altro suo tenimento situato tra Melandugno, e la Badia di S. Niceta, al quale fu imposto il nome di Lizianello, quasi piccolo Lizzano, per essere in quello andata ad abitare la minor parte de’ villani di Rugge’.
Quindi gli abitanti più poveri formarono il primo nucleo di Lizzanello, mentre i più agiati, trattenuti a Lecce, andarono a popolare un quartiere, presso Rudiae, detto il Pittaccio nelle più note Giravolte, alle spalle della Chiesa del Rosario. Questo è quanto si deduce leggendo il Ferrari. Ma non ci si può fermare definitivamente a quanto da lui detto perché Giacomo Arditi nella sua ‘Corografia’ (1879) così dice a proposito dell’origine di Lizzanello: ‘Non è vero che la Contessa Albitia, che regnò a Lecce dal 1205 al 1213, respinse i profughi di Rudiae, ma li accolse nella città assegnando loro un rione nei pressi dell’odierna porta Rudiae.’Poi continua ‘Intorno al 1213 Ottone IV imperatore di Germania, si impossessò della Puglia e della nostra provincia, espugnò e quasi distrusse Lecce.
Allora forse un gruppo di profughi leccesi iniziò la costruzione di un villaggio al quale per affetto dalla madrepatria fu imposto il nome di Lycianellus, perché derivato da Lecce, che allora il popolo chiamava Lezze. Sicchè lo stesso nome di Lezze, conferma che i suoi fondatori furono leccesi e non Rudiani’.
Queste le due versioni: in realtà entrambe non molto attendibili, la prima perché risente di date contrastanti: Guglielmo il Malo intervenne in Puglia nel 1156 e nel 1160, la Contessa Albitia era venuta a Lecce intorno al 1208; nella seconda non si parla di Guglielmo il Malo ma di Ottone IV.
Infine, secondo Cosimo De Giorni, probabilmente la fondazione di Lizzanello sarebbe coincisa ‘colla distruzione dei casali di Cigliano, di Fornello, di Scaranzano, che si trovano citati nelle visite pastorali del secolo XVII; e i nomi dei quali esistono tuttora in alcune contrade intorno al paese. ‘Continua il De Giorgi ‘di quel tempo non è restato alcun vestigio nell’attuale paese. Soltanto la Chiesa di S. Lorenzo, extra Castrum Litianelli, accennerebbe ad un’epoca più remota di quella indicata dal Ferrari’. Queste le notizie storiche più o meno attendibili. Ad esse va affiancata la leggenda secondo la quale là dove oggi sorge Lizzanello c’era un bosco di querce. Un giorno un ragazzo su uno di quegli alberi trovò un anello da cui il nome di Lizzanello da ‘ lizza’ forma dialettale di quercia e ‘anello’. Le notizie riportate ci confermano che non si può stabilire con esattezza l’anno di origine di Lizzanello. In ogni caso le vicende di Lizzanello sono state assorbite per diverso tempo da quelle di Lecce. Infatti nei ‘Cedularia Terrae Idrunti’, dove si trascriveva la situazione demografica ed economica del tempo, per tutto il periodo normanno e per quello svevo non comparve il casale di Lizzanello, che, a causa della scarsa consistenza, veniva considerato un’appendice di Lecce.
Storia
Il territorio fu sicuramente frequentato sin dall’età del bronzo come testimoniavano alcuni monumenti megalitici esistenti nelle campagne circostanti fino a pochi decenni fa. La data di fondazione dell’abitato non è accertata. Diverse sono le ipotesi fra le quali le più accreditate sono quelle degli storici Giacomo Arditi e Cosimo De Giorgi. Il primo fa risalire la nascita al sacco di Lecce operato da Ottone IV di Sassonia nel 1210. I profughi, scampati al saccheggio, fondarono una nuova città dandole il nome di Licyanellus, ossia Piccola Lecce. Tale ipotesi è anche confermata dallo stemma cittadino simile a quello della città capoluogo. Il De Giorgi ritiene invece che la nascita di Lizzanello è conseguenza della distruzione dei vicini casali medievali di Cigliano, Fornello e Scaranzano.
A partire dal XIV secolo il feudo fu assoggettato a vari signori. Cecilia Marescallo, nobile leccese, lo detenne fino al 1335 quando fu ceduto a Guglielmo Garzia. I De Bilancis ne furono feudatari per circa mezzo secolo. Nel XV secolo entrò a far parte della Contea di Lecce e appartenne a Maria d’Enghien che lo vendette nel 1436 alla famiglia Paladini, la quale lo possedette per oltre duecento anni. Ai Paladini succedettero i D’Afflitto, i Chiurlia e infine i Lotti.
Epigrafi
Molto importanti per la storia di Lizzanello sono le epigrafi che qua e là si possono leggere in paese e nei dintorni.
Oltre a quelle già citate se ne riportano altre più significative.
La presenza dei conti Paladini, oltre che da tutto il resto, è testimoniata dalla seguente epigrafe posta sulla tomba sita nella Chiesa di San Lorenzo Nuovo.
L’ epigrafe così dice:
D.O.M.
HUC GRESSUS DIRIGE, ADVERTE HUC LUMINA VIATOR AVIDIS NON SICCIS
OCULIS. GEORGIUS ANTONIUS PALADINUS LITIANELLI MELENDUNI ALIORUMQ. FEUDORUM DOMINUS, IN VERE AETATIS SUAE CASTISSIMUS.
IN HYEME PRUDENTISSIMUS. DELITIAE CHARITUM ASTREAE ALUMNUS.
MAVORTIS DECUS, MAIORUM SEQUTUS SUORUM VESTIGIA A COMATA
GALLIA
HUNC ADVENIENTUM ARMORUM PRAEFECTUS A NEAPOLITANIS PROREGIBUS
CREATUS.
PLURIES PIRATARUM TERROR. TURCARUM PROPUGNATUR
ACERRIMUS. IN UTRAQ. FORTUNA AEQUISSIMUS, CRISTIANAE RELIGIONIS
CULTOR MAXUMUS. IN NATOS SUOS TENERRIMUS. IN FRATRES IN
PROPINQUOS HUMANISSIMUS. IN SUBDITOS PATERNO FUNCTUS MUNERE.
UXORIS SUAE LACRIMATUS FUNERA. NUNC ET SEPULCRO PROXIMUS
HIC IACET
ANNO DOMINI MDCLVI DIE XXIII JUNII.
(A Dio Ottimo e Massimo Qui dirigi i passi. Qui volgi lo sguardo o viandante con gli occhi desiderosi e non senza lacrime. Giorgio Antonio Paladini, signore di Lizzanello, di Melendugno e di altri feudi, nella primavera (da giovane) della sua età integerrimo, nell’ inverno (da vecchio) prudentissimo, educato alla giustizia e alla grazia, decoro della guerra, seguì le vestigia dei suoi antenati provenienti dalla chiomata Francia. Fu eletto comandante dei fanti dai viceré di Napoli. Più volte terrore dei pirati. Acerrimo difensore contro i Turchi. Molto equo nella buona e nella cattiva sorte.
Cultore massimo della religione cristiana. Tenerissimo verso i suoi figli. Affabilissimo verso i fratelli verso i parenti. Trattò con affetto paterno i sudditi. Pianse la morte di sua moglie. Ora giace qui accanto al (suo) sepolcro.
Anno del Signore 1656, giorno 23 giugno).